
Era nato, a metà degli anni trenta, in quella Prussia da cui dovette fuggire, ragazzino, alla fine della seconda guerra mondiale.
L’impronta della sua educazione prussiana gli era rimasta nell’animo: ligio al dovere e alla parola data, compito, educato, rispettoso, galante, cattolico osservante, il tutto mitigato da una curiosità innata e grande voglia di conoscere e apprendere.
Lo conobbi negli anni settanta, quando venne a trascorrere le vacanze estive con moglie e figli, in quell’albergo in Liguria in cui io lavoravo e vi ritornò ogni anno per tutti quegli otto anni in cui io rimasi lì.
Non fu strana la simpatia reciproca, immediata, che nacque fra noi, nonostante il divario di età: avevamo molti interessi in comune, l’amore per le arti e per la calligrafia, la filatelia e numismatica, il piacere della lettura, la curiosità e l’interesse per altre culture. Oltre a ritrovarci durante le vacanze estive, fra noi nacque anche un fitto carteggio epistolare e numerose visite reciproche fra le nostre famiglie. Sono moltissimi i ricordi e gli episodi che potrei raccontare dei molti anni trascorsi in questa bella amicizia, ma di Georg voglio mostrare alcune cose che lui faceva.
Nel 1953 Georg vide in una vetrina una statuetta, arte africana, di una scimmia stilizzata. Gli piacque ma non poteva permettersi di acquistarla. Tornò parecchie volte davanti a quella vetrina a rimirare quella statuetta e poi ebbe una folgorazione: decise di provare a farla lui stesso. Nella legnaia di famiglia scelse un pezzo di legno che gli pareva adatto e con il coltello da tasca incominciò a lavorarci. Dopo diversi tentavi comprese che, forse, gli servivano altri strumenti e si recò in un negozio di ferramenta dove, fortunatamente, trovò il titolare competente in materia di strumenti per scolpire. Gli diede anche molti consigli sui legni da usare e. così, un po’ alla volta, provando e riprovando, Georg divenne scultore, non di mestiere, ma per passatempo.
Le sue opere erano non più alte di trenta centimetri e tutte di un pezzo, ovvero, non usava collanti per aggiungere pezzi o piedistalli, ma ogni scultura era ricavata tutta dal pezzo di legno che lavorava, sia a tutto tondo che a basso o altorilievo, o semplice incisione, i suoi lavori avevano tutti la grazia del gotico e l’accuratezza quasi maniacale della perfezione.





Questo è lo sgabello che mi inviò quando nacque mia figlia, perché potessi allattarla più comodamente visto che io sono molto bassa di statura. Nella lettera che accompagnava lo sgabello raccontava che lo aveva ricavato da una trave di quercia che gli era stata regalata. La trave era stata recuperata da una casa costruita nel 1450 e aggiungeva che quella era l’epoca in cui Gutenberg stampò la sua prima bibbia e allegava anche il grosso chiodo che vi aveva trovato dentro.
Il fiore che incideva su ogni sua opera era la primula, il suo fiore preferito.
Nel 1983, con l’aiuto del figlio diciassettenne, bravo fotografo, pubblicò un libro con la sua storia e molte foto delle sue opere per donarne copie a parenti e amici. Le prime tre foto sono ricavate da quel libro.