Faccio sempre sogni a colori. Come dei film, in cui emergono cose che ho pensato, o visto, precedentemente. A volte si tratta di rielaborazioni che partono da una immagine, o da un pensiero, passati per caso nella mente durante il giorno o nei giorni precedenti. Non sono mai incubi, solo cose semplici, quasi banali. Per un certo periodo mi sono anche divertita a trascriverli al mattino sulle pagine di vecchi quaderni, tanto per capire come si erano formati i sogni durante il sonno e in che modo il mio cervello aveva collegato, o mescolato, i fatti reali alle rielaborazioni dell’inconscio.
In questi ultimi giorni, a causa di consistenti rumori notturni causati da non so bene cosa nelle vicinanze di casa mia, mi è capitato di svegliarmi di soprassalto durante il sonno più profondo e riprendere poi, con qualche difficoltà, la compagnia di Morfeo. Nella penombra della stanza, mezzo assonnata e non del tutto presente, allungavo la mano verso il cuscino a lato, cercando quella presenza che non c’è più, ma della quale mi pare, a volte, di sentire ancora il respiro, o un movimento, proprio nel momento in cui il sonno, con leggerezza, inizia a stendere un velo sugli occhi stanchi e la mente si rilassa, rilasciando pensieri nascosti, come topini impauriti che finalmente possono mettere il muso fuori dalla tana.
Avevo poco più di vent’anni quando scrissi questa riflessione, rendendomi conto dell’eredità genetica ricevuta dai miei predecessori e decisi che avrei fatto tutto il possibile per godermi ogni giorno che madre natura mi donava, vivendolo a pieno. Ora sono vecchia, avrò avuto poche ambizioni e pochi desideri, ma la vita mi ha donato più di quanto avrei chiesto. Mi rendo però conto, soprattutto in questo periodo in cui le notizie che ricevo riguardano le inevitabili perdite, che il mio animo sembra essersi abituato alla mancanza, al vuoto e che è sempre più presente “la tangibile presenza” e il pensiero della sua ineluttabilità, tanto misteriosa da aver generato paradisi consolatori e inferni, creati da miti, leggende, religioni. Peccato non sia mai tornato alcuno a raccontarcela.
Questa mattina, sarà perché negli ultimi giorni di cattive notizie me ne sono state recapitate più del necessario, continuavo a pensare alla situazione attuale e ricordavo quando, più di trent’anni fa, nessuno osava mettere in dubbio una diagnosi medica, anche la più assurda o che poi si sarebbe rivelata errata. I medici erano tutti dei padreterni che esprimevano verità incontestabili. Poi è arrivato Internet e siamo diventati, almeno noi che usiamo questo strumento, tutti quanti dei sapienti, dei tuttologi e scaraventiamo nella rete i nostri pensieri, come sto facendo io stessa. Molti di noi hanno il buon senso di informarsi prima di esprimere un’opinione e di controllare la veridicità delle informazioni che leggono, ma ce ne sono molti che, non sapendo nulla, poiché l’ignoranza va spesso a spasso con l’arroganza, si permettono di pontificare su argomenti di cui non sanno un accidente e alcuni firmano anche articoli sui giornali o blaterano in TV. La Medicina, è incontestabile, ha fatto passi da gigante dai tempi di Esculapio a oggi e per fortuna, aggiungo. Non avrei mai voluto vivere ai tempi del Medioevo, o a quelli di Maroncelli o di Giovanni delle Bande Nere, ma nemmeno a quelli dei miei bisnonni. Però, però proprio la scolarizzazione e la comunicazione sempre più incalzante ci hanno fatto ben comprendere che la Medicina non è una scienza esatta: inevitabilmente soggetta a troppe variabili. I medici non sono più dei padreterni, spesso li contestiamo, alcune volte pensiamo di saperne più di loro. Un nostro amico angiologo, ormai in pensione, un giorno mi disse ridendo: “Per vivere bene ci vogliono TRE C. Ceppo: aver ereditato geni sani Capacità: l’intelligenza di condurre una vita sana sia fisica che mentale Culo: avere la fortuna, nel bisogno, di trovare un medico che ne capisca qualcosa.
Nonostante tutto, auguro a ognuno di voi, un BUON NATALE (anche se sono atea e alla faccia di chi in Europa vorrebbe toglierci le nostre tradizioni mentre noi non ci permettiamo di impedire quelle altrui) e un FELICE ANNO NUOVO, con la speranza che sia veramente migliore di questi ultimi che ci sono capitati.
Strano quanto l’essere umano desideri scaraventare i propri segreti nelle orecchie e sulle spalle altrui. Scritti nelle lettere, nelle agende e nei diari, confessati sul lettino dello psicoanalista o del prete nel confessionale, oppure tra due lenzuola o davanti a un bicchiere di vino, durante una conversazione fra amici, i segreti viaggiano alla velocità del suono. Il proprio “peso” viene riversato sulle spalle altrui e pare di sentirsi più leggeri. Rimane la vergogna postuma di aver parlato, di non essere riusciti a tenersi la bocca chiusa. Per quanto mi riguarda, tutti i miei segreti, miei e altrui, sono ancora qui con me. Li ho tutti dentro, pesanti o insignificanti, banali o vergognosi che siano. Ho anche quelli che ho ereditato dai miei avi, che ho trovato in lettere, documenti e diari d’altri tempi. Cose sentite per caso quando ancora non potevo ben comprendere, ma comprese a fondo in seguito, leggendo, appunto, ciò che fu scritto da altri. Mi accorgo che, scrivendo questo articolo, sento l’irresistibile desiderio di alleggerirmi, di comunicare ad altri ciò che mi pesa addosso, ciò che ho scoperto, ciò che ho sentito. La ragione mi impone di tacere: perché mai gravare su altri i nostri pesi? A qual vantaggio? A chi giova se non al proprio egoismo? Ci sono segreti piccoli e altri grandi, di alcuni abbiamo timore, di altri vergogna, di alcuni potremmo vantarci e altri ci fanno sentire impotenti. Ma, in realtà, se un segreto viene rivelato, in qualsiasi modo sia fatto, non è più un segreto, questo è certo.
A proposito dell’Afghanistan. Ricordavo quando, fra il 1979 e il 1989, gli Stati Uniti (presidenze Carter e Reagan), il Pakistan e l’Arabia Saudita, addestrarono, finanziarono e armarono i mujaheddin (guerriglieri islamici) per fronteggiare l’espansionismo dell’Unione Sovietica in quella nazione. Credo che i motivi politico-economici siano piuttosto ovvi, considerata la posizione strategica dell’Afghanistan e le ingenti ricchezze minerarie del suo sottosuolo. Anche il miliardario saudita Osama Bin Laden, per mezzo del Maktab al-Khidamat (MAK, ovvero Ufficio servizi) convogliò in Afghanistan soldi, armi e migliaia di combattenti islamici provenienti da tutto il mondo, sempre con il beneplacito degli USA, Pakistan e Arabia Saudita. Bin Laden, come si è poi evinto, non aveva le stesse intenzioni e gli stessi motivi delle altre nazioni, infatti, nel 1988 fondò Al-Qaida, il movimento fondamentalista islamico, di stampo terroristico. Nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino e i problemi in casa propria, l’Unione Sovietica ritira il proprio esercito dall’Afghanistan, in conseguenza nasce lo Stato Islamico Afghano. Le fazioni interne sono inevitabili come l’aumento della guerriglia e dell’espansione dei fondamentalisti talebani di Al-Qaida. Il Pakistan è uno stato islamico, come l’Arabia Saudita. L’Afghanistan confina con Pakistan, Iran e Cina e con altri stati collegati alla Russia e alla Turchia. L’idea di Bin Laden era forse quella di formare un “grande emirato islamico”, quella mezzaluna territoriale, non solo simbolica, che riuscì per un po’ agli Arabi nel Medioevo. Ma per USA, US, e altri credo fossero più importanti le ricchezze ancora giacenti nel sottosuolo. Negli anni seguenti l’11 novembre del 2001, Unione Sovietica e Cina hanno foraggiato parecchio i Talebani che si sono espansi in una buona fetta dell’Africa, anche se pure altre nazioni hanno avuto il loro tornaconto nel vendere armi un po’ all’uno e un po’ all’altro, come sempre avviene. Ora si piange sul latte versato, ma non credo si troverà una soluzione tanto facilmente e chi sempre ci rimette è la povera gente e non solo quella Afghana. Questa situazione attuale si ripercuoterà in futuro soprattutto sull’Europa. Ma Cina, USA e Unione Sovietica ne resteranno avvantaggiati se l’Unione Europea continuerà ad avere problemi anche in futuro.
Qualcuno dirà che le mie sono riflessioni di una vecchia casalinga, ma, come donna, non ho certo alcun piacere a vedere come vivono le donne in paesi in cui un fondamentalismo religioso impera. Sono contraria a qualsiasi fondamentalismo religioso e ricordo molto bene che cosa hanno fatto e prodotto i fondamentalismi di qualsiasi religione e i fondamentalismi politici. Dove non c’è libertà ci rimettono tutti, le donne per prime.
Nella mia gioventù, ho avuto estati piovose, altre calde e altre molto molto calde. Ricordo i 44 gradi di un luglio a Mestre e un settembre, a Diano Marina, con piogge abbondanti ogni giorno. Ho vissuto autunni nebbiosi, inverni gelidi e innevati, altri tiepidi con le rose fiorite per Natale e le violette a gennaio. Un ottobre ho nuotato nel lago di Garda e un novembre nel mare di Metaponto. Ho visto nubifragi, trombe d’aria, terremoti. Mi sono ammalata, come tutti quelli che conoscevo, durante le due pandemie di asiatica. Ho attraversato la rivoluzione del 68. Ho viaggiato durante gli anni di piombo del terrorismo. Ho visto le stragi di Città del Messico, quelle di Brescia e di Bologna, di Monaco di Baviera e di Fiumicino.
Ma non c’era, allora, la cassa di risonanza di Internet ad amplificare l’angoscia e la paura.
Una discussione di ieri, favorita anche da un mio stato d’animo piuttosto esacerbato in questi giorni, mi ha portato a fare alcune riflessioni sulla situazione attuale.
Stamane ho dedicato alcune ore alla lettura dei giornali stranieri. Sono stata colpita da un paio di articoli del giornale tedesco DIE WELT.
Le ho copiate e tradotte e rispecchiano in parte le mie perplessità.
“In den meisten Ländern, die schnell immunisieren, zeigt sich ein erstaunlicher Effekt: die Infektionen steigen rasant und ein neuer Lockdown droht. Das klingt paradox, wurzelt aber in einem Effekt, vor dem auch Christian Drosten schon lange für Deutschland warnt. Die Entwicklung in Großbritannien macht Mut: Nach erfolgreicher Impfkampagne sind die Zahlen der Neuinfektionen niedrig, die Normalität kommt zurück. So war das auch in Israel. Doch Entwicklungen in anderen Ländern werfen die Frage auf, ob die Impfung wirklich das Allheilmittel ist. Trotz hoher Impfquoten steigen die Zahlen in Ungarn oder Serbien.
Auch in Teilen der USA oder lateinamerikanischen Impf-Musterländern gerät die Lage zunehmend außer Kontrolle.
Die Fehler, die dort gemacht werden, sollte sich auch Deutschland genau ansehen.”
Nella maggior parte dei paesi che immunizzano rapidamente, si mostra un effetto sorprendente: le infezioni aumentano rapidamente e viene minacciato un nuovo blocco. Sembra un paradosso, ma è radicato in un effetto, per il quale anche il premier Christian Drosten già da tempo ha messo in guardia anche la Germania.
Lo sviluppo nel Regno Unito ci dà coraggio: dopo la campagna di vaccinazione, il numero di nuove infezioni è basso, la normalità ritorna. Era come era in Israele. Ma gli sviluppi in altri paesi sollevano la questione se la vaccinazione sia davvero la panacea. Nonostante le vaccinazioni elevate, i numeri degli infetti aumentano in Ungheria o in Serbia.
Anche in alcune parti dei paesi statunitensi o latino-americani, la situazione sembra fuori controllo.
Gli errori, che vengono fatti là, dovrebbero anche riguardare da vicino la Germania.
„Aus Angst vor bürokratischen Auflagen werfen wir Impfstoff in den Müll“
Hunderttausende Impfstoff-Dosen sollen hierzulande im Müll gelandet sein. Grund ist ein unsinniger „Abschreckungseffekt“ – Ärzte und Apotheker müssen die Verantwortung für sogenannte Zusatzimpfungen selbst übernehmen. Ein Spritzen-Problem verschlimmert die Lage zusätzlich.Patrick Marx, pharmazeutischer Leiter des Impfzentrums in Mühlheim, versucht, ausjedem Impfstoff-Fläschchen – auch „Vials“ genannt – das Maximum zu gewinnen. So ist es nach den Angaben der Hersteller und der Europäischen Arzneimittelbehörde (EMA) eigentlich nicht vorgesehen. Das Gesamtvolumen einer Durchstechflasche von Biontech beispielsweise beträgt nach der Verdünnung mit einer Natriumchlorid-Lösung 2,25 Milliliter.Die Gebrauchsanweisung schreibt vor: Daraus „können sechs Dosen zu 0,3 Millilitern entnommen werden.“ Eigentlich können es sieben sein – doch die siebte Dose wird meist verschenkt.
Per paura di adempimenti burocratici gettiamo dosi di vaccino nella spazzatura.
Centinaia di migliaia di dosi di vaccini dovrebbero essere buttate nella spazzatura in questo paese. La ragione è un “effetto deterrente” pazzesco – i medici e i farmacisti devono assumersi la responsabilità per i cosiddetti aggiuntivi ai vaccini stessi. Inoltre un problema della siringa peggiora la situazione.
Patrick Marx, capo farmaceutico del centro vaccino a Mühlheim, cerca di di ottenere il massimo da ogni fiala di vaccino – chiamato anche “vials”. Però, secondo le informazioni fornite dai produttori e dall’Autorità europea della medicina (EMA) ciò non è stato previsto. Il volume totale di una fiala di Biontech, ad esempio, è 2,25 millilitri dopo la diluizione con una soluzione di cloruro di sodio.
Nelle istruzioni per l’uso è scritto: da questa, sei dosi possono essere ricavate da 0,3 millilitri. In realtà, se ne possono ricavare sette – ma la settima dose di solito viene gettata.
Non desidero entrare nel merito degli infiniti conflitti che esistono, e sono sempre esistiti, fra i vari rappresentanti degli stati di questa così detta Unione Europea e nemmeno riferirmi alle malaugurate idee sessiste prevaricanti in alcune culture e che sembra prendano piede sempre di più anche nella nostra cultura, però, se io fossi stata Charles Michel, non appena seduto su quella sedia e mi fossi accorto che la Signora Van Der Leyen fosse rimasta in piedi, imbarazzata, mi sarei alzato, avrei ceduto la mia sedia alla Signora, sarei rimasto in piedi accanto a lei, mostrando a Erdogan come ci si comporta quando si è ben educati e rispettosi. Avrei così raggiunto due scopi: quello di obbligare Erdogan a far arrivare un’altra sedia e quello di evitare le sterili e perniciose polemiche attuali. Naturalmente, se io, Charles Michel, fossi stato un “signore” beneducato e rispettoso… Ma io sono solo una casalinga d’altri tempi e ne capisco poco di protocolli internazionali.
grafite e acquerello ispirato a Leonardo mie opere
Ieri sera la prima puntata su Leonardo.
Bella, interessante, poco a che vedere con la storia di Leonardo.
Innanzitutto l’infanzia di Leonardo è stata serena, ha vissuto con la madre e con lo zio materno, libero e felice, studi approssimativi e irregolari, ma tanto tempo per scorrazzare dove voleva con lo zio che era la fonte a cui attingeva per saziare la sua curiosità.
Nel 1469 lavora nello studio del Verrocchio che lo ha preso a bottega su preghiera del padre Piero da Vinci il quale paga al Verrocchio le spese ed è orgoglioso del figlio (fonte Vite del Vasari).
Nel1472 è già iscritto alla compagnia degli artisti e pittori di Firenze e ha un proprio studio.
Il ritratto di Ginevra Benci lo fa nel 1475. Non ha mai dipinto le mani su quel ritratto.
L’accusa di sodomia è del 1476 (non è più dal Verrocchio quindi), viene processato e assolto (non liberato per intercessione di non si sa chi).
Caterina da Cremona non è mai esistita, tutte le vicende che la riguardano sono immaginarie e, soprattutto, Leonardo non è mai stato accusato di alcun omicidio in vita sua e non è mai stato imprigionato nemmeno per l’accusa di sodomia.
Continuerò a guardare questa fiction, divertendomi a consultare le diciassette pubblicazioni che possiedo su questo artista per confrontarle con la storia, fortemente romanzata, che ci viene presentata da mamma Rai, parecchio lontana dalla realtà storica della vita leonardesca.
Ma oggigiorno si deve intrattenere, non è più importante fare cultura, anche perché chiunque può consultare gli innumerevoli testi scritti da fior di storici e grandi critici come Carlo Pedretti, forse il maggior studioso di Leonardo.
Peccato che molti prenderanno questa fiction per oro colato.