Lentamente

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Il mio PC l’anno venturo compirà 10 anni
A questa età i ragazzini sono svegli, veloci, corrono senza ansimare, sono instancabili, basta una merendina, un panino e una coca e si ricaricano subito.
Il mio PC, invece, sembra che abbia la mia età e anche tutti i miei acciacchi.
Quando lo accendo impiega un bel quarto d’ora a svegliarsi e a rimettere in sesto tutti i suoi ingranaggi, come me, del resto, che devo fare una ginnastica propiziatoria per rimettere in funzione tutte le mie giunture.
E non parliamo di quando, mentre si accende, gli piombano addosso i vari aggiornamenti (che io purtroppo, o per fortuna, non ho)…:quelli dell’antivirus che, avendolo io gratuito, cerca di convincermi a passare a quello a pagamento; ma come faccio a spiegargli che non possedendo carte di debito e neppure di credito non sono in grado di fare pagamenti on-line? Così lui insiste, si fa pressante, quasi minaccioso avvertendomi che il mio IP (ne mette uno a caso fidando sull’eventualità che io non me lo ricordi) è “visibile”…e, contemporaneamente il povero PC è rallentato, intasato e boccheggiante.
E non parliamo poi degli aggiornamenti di sistema, sempre a inizio mese, che durano ore, prima c’è la “preparazione” con i puntini bianchi che si rincorrono in circolo e la scritta perentoria “non spegnere il computer” e tu aspetti che incominci l’aggiornamento con le percentuali di carico, ma ti conviene andare a preparare la polenta taragna o la pasta al forno e poi mangiarla, perché se hai qualcosa di urgente da fare con il PC, tipo una mail che ti salverà la vita, ti conviene andare direttamente dal destinatario della mail, a piedi, a Bangkok, o nel Tibet, prima che tutto l’aggiornamento sia finito.
E quando finalmente tutto torna normale e puoi usare il PC, ti accorgi che l’aggiornamento ha cambiato quel qualcosa a cui eri abituata, ma che quel qualcosa che è nuovo altro non è se non una banalità, inutile e non te la puoi nemmeno togliere dalle scatole perché a te non servirà mai.
E poi ci sono gli aggiornamenti della nostra piattaforma WP, (che cara): non apri il PC per due giorni e ti ritrovi con l’interfaccia di WP cambiata. Cerchi la tua bacheca, dove cavolo è andata a finire? Vuoi scrivere un articolo? Vaghi fra le varie diciture cercando di capire che stai facendo, non ti ci ritrovi e pensi pure che sia inutile prendere appunti, tanto fra un paio di mesi tutto verrà modificato.
Una cosa l’ho capita: cercano di migliorare le nostre capacità intellettuali ponendoci di fronte al quesito “o ti adatti o soccombi”.

Vecchiaia e sanità

Acquerello – mie opere

Questa mattina, alla radio, un tizio se la prende con noi vecchi, accusati di “intasare” la Sanità con le nostre malattie croniche. “Non bisogna ammalarsi da vecchi, bisogna fare prevenzione, avere una vita sana, fare movimento…”ecc. ecc.

Già, noi vecchi che ora siamo vicini agli ottant’anni o anche di più.
Noi vecchi che siamo nati durante la guerra, o nell’immediato dopoguerra.
Noi vecchi che abbiamo frequentato la scuola prima della riforma del 1960 entrata in vigore nel 1962, con la scuola media obbligatoria. Sì, perché noi che abbiamo finito le elementari prima del 1962, siamo passati dalla scuola elementare ai ginnasi, chi se lo poteva permettere, pochi al mio paesello, molti di noi hanno invece frequentato le scuole professionali, non molti per la verità, perché invece molti a undici, dodici anni lavoravano nei campi. A quindici anni eri in fabbrica, non al paesello in cui fabbriche non ce n’erano, ma in città o altrove e, se avevi voglia di studiare, dopo la fabbrica, alla sera, andavi alle scuole professionali serali e tornavi con l’ultimo treno, quasi a mezzanotte, un boccone alla svelta e poi a letto, perché al mattino prendevi il primo treno, quello delle sei e mezza per andare al lavoro.

Il lavoro in fabbrica, nel 1955/60, (lo statuto dei lavoratori entrerà in vigore nel 1972 e non per tutte le categorie) è di 10 ore al giorno, sabato compreso (sì, l’ho provato anch’io il lavoro in fabbrica, dal 1964, dieci ore al giorno alla macchina da maglieria, sabato compreso per la pazzesca cifra di 29900 ventinovemila novecento lire al mese, avevo 16 anni).
E le fabbriche di allora nelle quali noi, che adesso siamo vecchi e allora eravamo adolescenti, nel momento del nostro sviluppo fisico, abbiamo contribuito allo sviluppo economico della nostra nazione, ma a scapito della nostra salute.
Io sono stata fortunata, in fabbrica solo pochi mesi estivi per pagarmi gli studi successivi alla scuola commerciale e poter quindi lavorare nel mondo del turismo.
Ecco, la segretaria d’albergo di quegli anni ovvero: l’impiegata con conoscenza di lingue straniere e una paga sindacale della quale ancora oggi mi vergogno.16 ore al giorno, di norma, perché potevi anche essere svegliata di notte visto che eri l’unica a poter comprendere la parlata degli stranieri. 16 ore al giorno ogni giorno della settimana, domenica compresa, per otto mesi l’anno. Assunta e licenziata ad ogni stagione. Senza stipendio nei mesi in cui non lavoravi con tutte le conseguenze che ne derivano. Ho provato una volta a lavorare anche in inverno, in quei quattro mesi, beh, il mio fisico non ha proprio retto e ne ho pagato le conseguenze a caro prezzo.
Noi vecchi, quelli che hanno lavorato come operai agricoli in quegli anni, con i trattori che c’erano allora e si sono rotti la schiena su quei trattori e con quei macchinari di quell’epoca, quando non si sono rotti altro. Le malattie professionali diventate croniche già da giovani, pochi soldi e una vita di rinunce e sacrifici. Le vacanze al mare? Viste nei film in bianco e nero. Il riscaldamento centrale? Al mattino rompevi il ghiaccio che si era formato nel catino con l’acqua per lavarti…

Qui da noi al paesello le cose sono incominciate a cambiare negli anni ottanta, noi eravamo vicini a quarant’anni, adulti ormai, con problemi già radicati nei muscoli e nelle ossa e nei nostri organi interni, problemi poi esplosi in seguito, più avanti negli anni.

Quanti come noi?
No, non siamo noi vecchi che abbiamo “danneggiato” la sanità pubblica. Ma è la massa di delinquenti, a partire dai politici, che l’hanno sfruttata in tutti i sensi e il bubbone è esploso durante la pandemia che ha portato in superficie tutti i nodi e le lacune perpetrate per anni e anni di leggi sbagliate e cattive gestioni.

E non è colpa nostra se da vecchi siamo diventati “malati cronici”.

Imponderabile

Pleniluniomie foto

Sono convinta che in ognuno di noi si nasconda una piccola parte oscura, sconosciuta anche a noi stessi, nascosta nei meandri del nostro cervello, della nostra mente o dell’anima. Qualche cosa di profondo, di antico, forse ereditato con i nostri geni, che può esplodere, improvvisamente, senza un apparente motivo, oppure a causa di qualche imprevisto e che ci coglie di sorpresa, proprio perché non eravamo a conoscenza del suo esistere.
Qualcuno potrebbe anche vivere tutta l’intera vita senza mai accorgersi di ciò che si cela nel più profondo del proprio intimo e qualcun altro potrebbe invece esserne travolto.
Mi chiedo quanta conoscenza di sé può permetterci di mantenere un equilibrio costante e duraturo.


Fontvieille

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Leggendo un commento nel post di Massimo Legnani (orearovescio) nel quale si parlava di capre, precisamente della “capra del signor Seguin” ho ricordato gli anni in cui studiavo francese e le opere di Alphonse Daudet, fra gli altri autori.

“La chevre de M. Seguin” e “Le curé de Cucugnan” erano brani di Daudet riportati nel nostro libro di lettura e mi erano piaciute entrambe, perciò, nel 1978, ormai trentenne, decisi di fare un salto in quella parte di Francia, chiamata “Bocche del Rodano” per andare alla ricerca della storia e della letteratura che mi avevano affascinato a scuola: Avignone, Nimes, Arles, Les Beaux…insomma anche la Provenza ventosa e Fontvieille, dove si trovava il Mulino in cui Daudet si rifugiava per scrivere le sue storie.
Ed è proprio nel libro “Lettres de mon moulin” nel quale si trovano le due storie che ho citato.

Se penso ai viaggi che ho fatto negli anni della mia gioventù, in beata solitudine, sempre con i mezzi pubblici e nei periodi in cui, allora, non si vedevano in giro turisti, devo dire di aver percorso l’Italia e una parte dell’Europa alla ricerca dei luoghi che mi erano rimasti impressi dai libri di scuola e da quelli che avevo letto:
Le fonti del Clitumno, i cipressi di Bolgheri, la cattedrale di Speyer, I boschi dei Teutoni, Altamura, Vaison la Romaine, Tervueren, Avenches, i Polder, le città storiche italiane e straniere…
in ogni luogo cercavo l’arte, la letteratura, la storia e la musica, per avere conferma, e completamento, di ciò che avevo studiato a scuola e, per mia fortuna, potevo fermarmi parecchio in questi luoghi, visto che non lavoravo per almeno quattro mesi l’anno.

Un genio!

Acquerello, mie opere

Bertolaso, il genio, ci propone la tessera sanitaria “a punti”, per chi fa gli screening e conduce una vita sana. Con i punti puoi ottenere dei premi, tipo l’accesso alle terme, gli skipass gratuiti…!

A parte che prima di tutto gradirei poter accedere ai servizi sanitari dei quali ho diritto e non dovermi rivolgere alla sanità privata visto che Maroni, Fontana, Moratti e pure Bertolaso hanno sistematicamente smantellato la sanità pubblica lombarda e mancano anche medici di base e pediatri, ma che cosa me ne faccio io delle terme se poi non ho i soldi per l’albergo, visto che le terme non le ho proprio sotto casa.
E lo skipass? Tutti, ma proprio tutti sappiamo sciare, sempre che la neve ci sia, e possiamo anche permetterci l’attrezzatura e il costo degli alberghi sulle nostre montagne, ma, siamo poi sicuri che i reparti di traumatologia saranno sufficienti ad accogliere i malcapitati accidentati mentre cercavano di stare in equilibrio sugli sci? Oppure, con i punti potrò avere anche una sedia a rotelle, oppure delle stampelle?

Ma Bertolaso, ci è o ci fa?

Scatole cinesi

Chiacchierino “celtico”. Mie opere

Giorni di pioggia questi ultimi, ne avevamo bisogno. Pioggia gentile, lenta, tranquilla e prolungata.
Tempo per stara rintanata in casa a fare lavoretti con le mani e con la testa. Ecco, è proprio quando me ne sto tranquilla, in apparente letargo, che vado a cercare i “peli nell’uovo” come mi rimproverava spesso mia madre.

Avete presente la pubblicità dei prodotti Selex che da un po’ di tempo si vede in TV? A me è venuta la curiosità di vedere che cosa sia Selex.
Qui al paesello, a pochi passi da casa mia, ci sono due supermercati nello stesso stabile. Uno è il Family e l’altro è il DPiù, un discount con prodotti di buona qualità e prezzi del 30% inferiori al Family.
Da qualche anno il Family, pur mantenendo la propria insegna è stato acquisito da Italmark e quest’ultimo fa parte del gruppo SUN (Supermercati uniti nazionali) e SUN è entrato in Selex. A sua volta Selex fa parte della centrale di acquisto ESD Italia che è parte della centrale leader europea EMD (European Marketing Distribution).

EMD: sede a Pfäffikon in Svizzera, consiglio di Amministrazione formato da cinque soci fra cui un Italiano, uno spagnolo, un belga, un tedesco e il presidente svizzero. 14 azionisti nei quali la Svizzera è maggioritaria, presente in 19 paesi europei, più l’Australia e la Nuova Zelanda, 56000 punti vendita, 200 miliardi di euro di fatturato annuo e comprende le maggiori catene di supermercati presenti in Europa.

Sempre tornando al paesello, ho scoperto che oltre al Family, anche il DPiù fa parte di questa organizzazione: continueranno a farsi concorrenza?
Ma quello che mi pone più domande è:
perché l’Europa continua a parlare di chilometro zero, agricoltura sostenibile, ecc. ecc. se la grande distribuzione è governata da mastodonti di questo genere che hanno prodotto l’eliminazione dei piccoli dettaglianti che nei paeselli come il mio, acquistando prodotti locali, non sono più in grado di sopravvivere?
Negli scaffali dei supermercati noi non troviamo ciò che viene prodotto sul nostro territorio, ma prodotti che vengono da altri luoghi, anche molto lontani, purché siano a basso prezzo d’acquisto, indipendentemente dalla loro qualità e dalla richiesta del consumatore, infatti ci sono prodotti che vengono eliminati solo perché poche persone li acquistano, perché sono di nicchia.

Non siamo noi consumatori a generare l’offerta, non più.
La grande distribuzione impone le proprie regole, modifica i nostri gusti, modifica il mercato, modifica le produzioni, impone i propri prezzi sia al consumatore che al produttore, passa come un cingolato su tutto ciò che non è produttivo di guadagno e se ne frega altamente di ciò che può essere più o meno utile al territorio e l’abbiamo visto anche con il colosso Ferrero che ha fatto la più grande toppata del secolo cercando di ottenere nocciole a basso costo da improbabili piantagioni in Australia, dopo che aveva già creato monoculture anche nel Lazio, rovinando molte zone collinari di questa regione e mandando in rovina i malcapitati agricoltori che avevano creduto nel progetto della Ferrero e che sono stati poi abbandonati a se stessi quando il progetto si è rivelato tutt’altro che vantaggioso.
Ha pure favorito l’aumento delle monoculture delle palme da olio, per sostituirlo ad altri oli vegetali e al burro di cacao, anche se l’olio di palma si solidifica proprio come il burro, infatti viene venduto in panetti solidi come le margarine, perché contiene una grande quantità di grassi saturi, però costa poco.
E, a proposito di Nutella, quand’ero ragazza io, la Nutella aveva più del triplo di nocciole nella ricetta, rispetto alla ricetta odierna, per cui la Nutella di oggi io non la compro più da molto tempo, ci sono altre creme alla nocciola spalmabili molto, ma molto migliori, basta controllare gli ingredienti sull’etichetta.

Sono allibita

Bambino arrabbiato
Disegno a pastello su carta colorata.
Mie opere

Ho voglia di spaccare qualcosa, ma poi dovrei ricomprarmelo…

Ieri sera, dopo aver guardato dei post su Instagram inviatimi da mia figlia (lo fa ogni giorno, così sto tranquilla e non la assillo chiedendole via Whatsapp se è viva o morta) mi sono soffermata a guardare reels a random. A volte osservo opere pittoriche fatte da eccellenti artisti, o manufatti artigianali (ricamo, chiacchierino, uncinetto, ecc) dai quali ricavare nuovi stimoli e nuove idee.
Però, ieri sera mi sono capitati alcuni siti che mi hanno fatto salire il sangue alla testa e questa notte ho dormito pure male.

In un sito erano postati dei video nei quali Ornella Vanoni interloquiva, in alcuni con Fabio Fazio e biascicava scemenze di una certa volgarità, in un altro con Mara Venier nel quale proprio non si capiva di che cosa stesse parlando. Ora, che una novantenne sia costretta ancora a lavorare e si esponga a fare il pagliaccio da circo è già una cosa pietosa, ma quello che mi ha colpito sono stati gli innumerevoli commenti, soprattutto femminili, nei quali le persone la definivano “spassosa”, volevano averla come ospite a casa loro per una serata “divertente” o, addirittura volevano essere come lei.
A me, questa povera donna ha fatto una gran pena e mi chiedo se si rende conto del “ridicolo” in cui è caduta, perché non è vero, come qualcuno sostiene, che i bambini e i vecchi possono dire tutto ciò che passa loro per la testa, i bambini forse, perché non hanno ancora esperienza della vita, ma noi vecchi l’esperienza dovremmo essercela fatta e la dignità non dovremmo dimenticarcela.

Quello che poi mi ha fatto imbufalire sono stati due altri video:
il primo è quello della “famiglia reale italiana” (l’ho scritto volutamente in minuscolo) nel quale Emanuele Filiberto, moglie e figlie si mostrano al pubblico come se l’Italia fosse ancora una monarchia. Naturalmente hanno tolto la possibilità di commentare, consapevoli che forse non avrebbero potuto gestire i dissensi e le prese per i fondelli, ma così si privano anche dei consensi dei nostalgici. Chissà se il capofamiglia intende candidarsi a qualche carica pubblica…

Il secondo, e ultimo perché poi ho spento il cellulare per non fracassarlo, è stato un video nel quale l’ormai fatto santo berlusconi (anche qui minuscolo) citava alcune sue “massime” ricavate, credo, dai foglietti dei Baci Perugina.
Anche qui innumerevoli commenti di nostalgici di questo farabutto e quasi liti tra i pochi dissenzienti e i sostenitori del bellimbusto. Ma quanti sono quelli che ancora lo rimpiangono? Beh lo abbiamo visto alle ultime elezioni e quello che mi ha veramente colpito sono i commenti femminili in adorazione di uno che attraverso le trasmissioni delle sue televisioni e anche nei suoi comportamenti di vita le donne le ha sempre considerate delle oche giulive da usare come oggetti.

Lo so, sono vecchia, fuori dal contesto attuale di questa nostra società, ma ho l’impressione di vivere ai tempi di Nerone, Caligola e Caracalla: decadenza e imbecillità. A quando Romolo Augustolo?

Una vecchia storia

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China e acquerello, mie opere

Cercavo di mettere ordine fra varie vecchie cose ed ecco che mi ricapita in mano un’ agenda di cinquant’anni fa e, con l’agenda, anche vecchi ricordi.

Erano i favolosi anni settanta che, all’epoca, non sembravano poi così favolosi considerato che dopo l’ubriacatura del sessantotto si era piombati nel terrorismo degli anni di piombo, ma noi giovani, divenuti maggiorenni da poco e pieni di fervore rivoluzionario, travestiti da figli dei fiori, ci sentivamo liberi e pieni di speranze.
Comunque, quell’anno, fra una stagione e l’altra del mio lavoro, decisi di trascorrere un paio di mesi, alla pari, in Germania. Fu mentre viaggiavo per arrivare nella località prescelta che sul treno, durante l’interminabile viaggio, conobbi A. una ragazza diretta verso una località ancora più a nord della mia.
Sole nello scompartimento per la quasi totalità del viaggio, coetanee, fu facile lasciarci andare alle confidenze, come capitava spesso a noi ragazzi allora.
Mi raccontò di sé, da dove veniva e dove stava andando e perché. Anche lei era nata in un paesetto di provincia, ma in un’altra regione.
Fra le altre cose che ricordo, perché trascritte in quell’agenda, mi raccontò di un fatto avvenuto qualche anno prima.
Da ragazzina aveva avuto un amico fraterno con il quale condividere giochi, letture e confidenze. Crescendo, un giovanotto del paese di qualche anno più vecchio, si era invaghito di lei e le aveva fatto una corte un po’ troppo pressante che lei non aveva gradito. Aveva perfino fatto un tentativo per stuprarla ma lei si era difesa con molta forza e ne era uscita indenne. Ma il mascalzone non desistette, visto che non poteva averla, mise in giro un bel po’ di chiacchiere, di calunnie, asserendo che “l’aveva avuta, se l’era goduta, ma non l’avrebbe mai sposata perché era una che andava con tutti” e, come spesso accade, molti gli credettero.
La ragazza mi raccontò che le chiacchiere non le fecero né caldo né freddo, visto che di lì a poco tempo si sarebbe trasferita altrove per motivi di lavoro. Quello che le provocò, invece, dolore e una grande delusione, fu il comportamento del suo amico “fraterno”, il quale, poco dopo che lei si fu trasferita, andò a trovarla e, dal comportamento che lui tenne in quell’occasione, le fu chiaro che lui, pur conoscendola bene, aveva creduto alle calunnie, non solo, ma era andato a trovarla convinto di poter “godere” anche lui delle sue “prestazioni”.

Cinquant’anni sono trascorsi. Non ricordo la conclusione di quella storia, non ho più saputo nulla di A. Dovrei scartabellare la cassa in cui tengo lettere e cartoline del tempo in cui si usava ancora scrivere con carta e penna, forse, è probabile che ci sia anche qualche lettera scrittami da A., all’epoca si usava scambiarci gli indirizzi.
Un giorno o l’altro, magari in un giorno di pioggia, andrò in soffitta e frugherò fra quelle vecchie carte e i ricordi torneranno con i nomi e i volti per mezzo delle firme su lettere e cartoline.