Ecco…

mie opere – olio su tela

Ecco…ho appena spento il televisore per evitare di scaraventargli una scarpa contro, ‘ché, poi, avrei dovuto ricomprarlo…
Porta a Porta e Salvini che sbraita (siamo a pochi giorni dal referendum e dalle elezioni) e sostiene che si debba smettere di inviare armi all’Ucraina. Secondo lui questo faciliterebbe la pace. Secondo lui.
Ma ci andrà lui a spiegare agli ucraini che si devono sacrificare, lasciarsi invadere, perdere la libertà, per permettere all’Europa e al resto del mondo di tornare al benessere e alla tranquillità?
E poi, quand’anche ciò accadesse, chi ci garantisce che l’aggressore si fermerà lì e non cercherà di prendersi anche altre nazioni, visto che l’esperienza del 1938/39 pare non ci abbia insegnato proprio nulla. Ma, forse, Salvini la storia non l’ha proprio studiata a scuola o ha la memoria corta.

Oppure, si limita a blaterare per raccogliere consensi, proprio perché siamo in fase elettorale e, soprattutto, pensa al referendum e alla sua ricerca del “sì”, magari quel “sì” che vorrebbe eliminare la legge Severino e permettere a tutti quei farabutti, che dovrebbero essere incandidabili, di poter ritornare nelle varie liste dei vari partiti.
Questo omuncolo, tutt’altro che onorevole, non ricorda oggi ciò che disse ieri, apre bocca e lascia uscire parole che cambiano a seconda di come tira il vento…possibile che riesca ancora a trovare consensi?

Mestizia

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bio-gnosi mie opere tecnica mista su carta

Da molto tempo, ormai,

la morte

mi lascia indifferente.

Quotidiana compagna

di questa mia esistenza

io me la trovo accanto,

giorno dopo giorno,

tranquillamente.

Vivo serenamente,

senza panico alcuno,

la sua tangibile presenza.

Quel fisico contatto

ad ogni istante

è l’unica certezza della vita.

Avevo poco più di vent’anni quando scrissi questa riflessione, rendendomi conto dell’eredità genetica ricevuta dai miei predecessori e decisi che avrei fatto tutto il possibile per godermi ogni giorno che madre natura mi donava, vivendolo a pieno.
Ora sono vecchia, avrò avuto poche ambizioni e pochi desideri, ma la vita mi ha donato più di quanto avrei chiesto.
Mi rendo però conto, soprattutto in questo periodo in cui le notizie che ricevo riguardano le inevitabili perdite, che il mio animo sembra essersi abituato alla mancanza, al vuoto e che è sempre più presente “la tangibile presenza” e il pensiero della sua ineluttabilità, tanto misteriosa da aver generato paradisi consolatori e inferni, creati da miti, leggende, religioni.
Peccato non sia mai tornato alcuno a raccontarcela.

Tre C

Melograni, acquerello dal vero. Mie opere

Questa mattina, sarà perché negli ultimi giorni di cattive notizie me ne sono state recapitate più del necessario, continuavo a pensare alla situazione attuale e ricordavo quando, più di trent’anni fa, nessuno osava mettere in dubbio una diagnosi medica, anche la più assurda o che poi si sarebbe rivelata errata.
I medici erano tutti dei padreterni che esprimevano verità incontestabili.
Poi è arrivato Internet e siamo diventati, almeno noi che usiamo questo strumento, tutti quanti dei sapienti, dei tuttologi e scaraventiamo nella rete i nostri pensieri, come sto facendo io stessa.
Molti di noi hanno il buon senso di informarsi prima di esprimere un’opinione e di controllare la veridicità delle informazioni che leggono, ma ce ne sono molti che, non sapendo nulla, poiché l’ignoranza va spesso a spasso con l’arroganza, si permettono di pontificare su argomenti di cui non sanno un accidente e alcuni firmano anche articoli sui giornali o blaterano in TV.
La Medicina, è incontestabile, ha fatto passi da gigante dai tempi di Esculapio a oggi e per fortuna, aggiungo. Non avrei mai voluto vivere ai tempi del Medioevo, o a quelli di Maroncelli o di Giovanni delle Bande Nere, ma nemmeno a quelli dei miei bisnonni.
Però, però proprio la scolarizzazione e la comunicazione sempre più incalzante ci hanno fatto ben comprendere che la Medicina non è una scienza esatta: inevitabilmente soggetta a troppe variabili.
I medici non sono più dei padreterni, spesso li contestiamo, alcune volte pensiamo di saperne più di loro.
Un nostro amico angiologo, ormai in pensione, un giorno mi disse ridendo:
“Per vivere bene ci vogliono TRE C.
Ceppo: aver ereditato geni sani
Capacità: l’intelligenza di condurre una vita sana sia fisica che mentale
Culo: avere la fortuna, nel bisogno, di trovare un medico che ne capisca qualcosa.

Nonostante tutto, auguro a ognuno di voi, un BUON NATALE (anche se sono atea e alla faccia di chi in Europa vorrebbe toglierci le nostre tradizioni mentre noi non ci permettiamo di impedire quelle altrui) e un FELICE ANNO NUOVO, con la speranza che sia veramente migliore di questi ultimi che ci sono capitati.

Ultimo martedì di giugno

Naturae pietas – olio su tela – mie opere

Nella mia gioventù, ho avuto estati piovose, altre calde e altre molto molto calde.
Ricordo i 44 gradi di un luglio a Mestre e un settembre, a Diano Marina, con piogge abbondanti ogni giorno.
Ho vissuto autunni nebbiosi, inverni gelidi e innevati, altri tiepidi con le rose fiorite per Natale e le violette a gennaio.
Un ottobre ho nuotato nel lago di Garda e un novembre nel mare di Metaponto.
Ho visto nubifragi, trombe d’aria, terremoti.
Mi sono ammalata, come tutti quelli che conoscevo, durante le due pandemie di asiatica.
Ho attraversato la rivoluzione del 68.
Ho viaggiato durante gli anni di piombo del terrorismo.
Ho visto le stragi di Città del Messico, quelle di Brescia e di Bologna, di Monaco di Baviera e di Fiumicino.

Ma non c’era, allora, la cassa di risonanza di Internet ad amplificare l’angoscia e la paura.

Obiettivo mondo

Il mare di notte

Il mare di notte
olio su cartone telato
mie opere

Ieri sera, dopo aver visto il film su Nada, sono capitata su un documentario già iniziato e che ho smesso di guardare prima che finisse.

Un documentario fatto negli USA, con tutti i difetti che spesso gli statunitensi ficcano nei loro filmati, come i colossal nei quali usano migliaia di persone ma non danno alcuna attenzione ai costumi.

Comunque, il documentario verteva sui disastri ambientali presenti e futuri, con dovizia di particolari e proposte per impedire che il nostro pianeta si trasformi in un inferno dantesco.
Ho chiuso e me ne sono andata a dormire dopo la seconda proposta fatta per impedire il surriscaldamento del pianeta.

La prima proposta era che si costruisse una pompa adatta a fare in modo che l’acqua superficiale, calda, degli oceani, venisse spinta verso il basso in modo da far risalire in superficie quella fredda.

Naturalmente nessuno si è preso la briga di chiedersi e di spiegare quali sarebbero state le conseguenze sulla flora e sulla fauna degli oceani, soprattutto per quanto riguarda i fondali e quali le conseguenze sul resto del pianeta.
Mari e oceani li abbiamo già fatti diventare una cloaca, perché mai qualcuno dovrebbe preoccuparsi delle conseguenze di un ulteriore danno?

La seconda proposta è di costruire un “tubo” alto venticinque (25) chilometri, tra terra e cielo, per immettere nell’atmosfera delle particelle che riflettano la luce del sole e impedirle di surriscaldare la terra. A spiegazione di questa bella pensata, il fatto che le emissioni dei vulcani nell’atmosfera riescono a oscurare il cielo al punto tale da raffreddare la terra.
A mio avviso: demenziale.
Ma io non sono uno scienziato, magari non riesco a vederne l’utilità anche se riesco a immaginarne i danni, visti quelli provocati dall’eruzione dell’Eyjafjöll del 2010.

Di riflessioni in testa me ne sono venute parecchie.
Come quando sento parlare di manipolazione genetica.
Intendiamoci, io non sono contraria alla scienza. Se penso a come venivano curate le persone trecento anni fa, mi vengono i brividi, la medicina attuale è sicuramente meglio.
Quando penso alle cure psichiatriche applicate, non solo nell’ottocento, mi chiedo però chi fossero i matti: i pazienti o i medici?

Penso alle storture che il progresso a volte porta con sé, come il passaggio della produzione di energia dalle centrali idroelettriche a quelle termoelettriche e nucleari per poi tornare, oggi, alle centraline, minuscole ma devastanti, sui piccoli fiumi.

La mia impressione è che con quello che chiamiamo progresso, a volte si sia perso di vista il buon senso, che si ricordi poco la storia del passato e, insieme a molti errori attuali, se ne rifacciano anche molti di quelli vecchi.

Agenda

Ho un’agenda perpetua.
Non la Perpetua di Don Abbondio, ma un’agenda che si può usare in eterno, perché non riporta l’anno o i giorni della settimana, solo il numero del giorno e il mese.
Ce l’ho da parecchi anni.
Ogni giorno giro una pagina, su quella a destra c’è la riproduzione di un quadro di un pittore famoso, su quella a sinistra, il numero del giorno e un aforisma con il suo autore.

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mie foto

In questa agenda ho riportato le vicende della nostra famiglia: i nati, i morti, le malattie gravi e le disgrazie, gli eventi gioiosi, i matrimoni, i compleanni, i vari anniversari e qualche pensiero personale.

Ogni giorno giro una pagina e rinnovo gioie e dolori, ritrovo i miei cari e immagino che cosa succederebbe se ognuno di noi potesse entrare nel quadro corrispondente al nostro compleanno.

Cosa racconterò

È stato inevitabile, in questi giorni in cui alcuni nubifragi hanno messo a dura prova anche noi, qui, al paesello, pensare ai cambiamenti del clima e ritornare indietro con la memoria a quando ero più giovane.

Una foto del Cervino, vista sul blog di Claudio
https://clamarcap.com/

confrontata con un’altra foto di cinquant’anni prima in cui il Cervino era splendente di ghiacci e neve mentre ora, in quello stesso periodo dell’anno, è solo una grande piramide grigia e spoglia, mi ha fatto ricordare di che cosa discutevamo noi giovani, allora, inascoltati dagli adulti che consideravano i nostri discorsi “una nuova moda”, anche se di cambiamenti climatici se ne parlava già dalla metà dell’ottocento.
Poi diventammo adulti anche noi e smettemmo di discutere, perché quando si diventa adulti c’è altro a cui pensare e i sogni e le utopie tornano nei cassetti che restano ben chiusi e si dimenticano gli slanci della gioventù: c’è da pensare al pane per la famiglia e non sempre si ha la possibilità, e il tempo, di scremare, di andare per il sottile.

Questa l’ho scritta esattamente cinquant’anni fa.

Cosa racconterò, fra quarant’anni,
ai figli di mia figlia?
Cosa racconterò?
Racconterò dei pettirossi,
nel giardino davanti a casa mia,
delle rose, dei passeri e del gatto
che, alla sera, mi faceva compagnia.
Come racconterò di grilli e di cicale
a loro, che le vedranno nei musei?
Racconterò di tanti secoli fa,
quando il sole non era ancora scuro
ed io portavo l’acqua del ruscello
alle rose bianche, arrampicate al muro.
Diranno: “È vero?
Nonna, dì, o è una fiaba?”
È una favola, sì, favola vera,
di un mondo tanto grande, tanto eterno, 
con piante che morivano in autunno
per rifiorire più belle a primavera.
C’erano uccelli, pesci, fiori colorati,
profumi, odori, palpiti di vita.
Quanto è bastato, quanto c’è voluto,
perché ci fosse un mondo di cose asessuate?
Un mondo enorme, a palla di biliardo,
dove impera la vita minerale,
un mondo condannato, già distrutto,
da una vorace guerra industriale.
In quanti modi ci stiamo distruggendo
noi, della generazione del progresso?

Io non avrò mai figli, mai nipoti,
cui raccontare la mia fiaba vera
quando, nel giardino davanti a casa mia,
fiorivano le rose a primavera.

Io non avrò mai figli, mai nipoti,
che chiedano il mistero della vita, a noi,
che stiamo distruggendo il mondo,
senza pensare al poi.

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beccofrusone
tecnica mista
mie opere

“amore”

 

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tecnica mista su carta
mie opere

Volutamente, e chiedo scusa, non ho risposto ai commenti sul mio articolo precedente.

In questi giorni, alcune vicende di cronaca e altre, meno eclatanti, mi hanno fatto riflettere provocando il mio sfogo sull’AMORE.

Perché è ovvio che conosco e so bene che cosa è questo “amore”, quello che non ha maiuscole, che non è urlato, cantato, declamato, che non eccede.
L’amore quotidiano, che non ha pretese, che è nato giorno dopo giorno senza paroloni, anzi silenzioso, tranquillo, che non fa domande perché conosce tutte le risposte, che non ha dubbi, che non cerca la felicità, che non ha lacrime e neppure grandi slanci.

Questo “amore” che non ha bisogno di gesti, di dimostrazioni, in cui all’uno importa solo il benessere dell’altro, reciprocamente, senza affanni.
Ogni giorno, per sempre.

 

Numeri

mare-del-nord

Mare del Nord acquerello mie opere

A ogni bollettino vengono elencati i numeri dei malati, dei decessi.
Tramite i social network scorrono i nomi di coloro che non ci sono più e allora ti accorgi che non sono solo numeri, ma persone che conoscevi bene, compagni d’infanzia, amici, parenti.
Pensi allo strazio dei familiari che non hanno potuto essere loro vicini nelle ultime ore.
No, non si tornerà più a quella che era la “normalità” di prima, una normalità alla quale ci eravamo abituati senza riflettere veramente su che cosa sia la “normalità”.

Usciremo dalle nostre tane come dopo un letargo non voluto, imposto da circostanze impreviste ma non imprevedibili.
Prima o poi avrebbe potuto succedere, come già successo in varie epoche del passato, ma noi non ne abbiamo tenuto conto, ci credevamo immortali, forse, alla ricerca di una frenetica felicità.

Usciremo e ci ubriacheremo di sole, urleremo alla luna, riempiremo spiagge, ristoranti e discoteche, correremo nei parchi e nei boschi…ma non ci toglieremo la paura di dosso, perché lo sappiamo tutti che questo è uno spartiacque dal quale non torneremo più indietro.

Si chiude un’epoca. Dovremo abituarci alla prossima e sappiamo già che sarà difficile.

Apatia

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acquerello
mie opere

 

Sono chiusa in casa da giorni, ormai. Non è che sia una novità per me che esco pochissimo anche in tempi normali. Il silenzio è interrotto dalle telefonate di parenti e amici, dal tubare delle tortore, dall’abbaiare dei cani impazziti al suono delle sirene delle ambulanza. Poche, in verità, in questi ultimi giorni. Contiamo i morti, almeno quelli che ci vengono segnalati dai Media perché i funerali non si fanno.

1957: l’Asiatica.
Avevo 9 anni e me la beccai alla fine di agosto, gli ultimi otto giorni, nell’orfanotrofio dove ci ammalammo tutti. In Italia si ammalarono 26 milioni di persone e ci furono trentamila morti.

Dovrei fare la solita vita, comunque, eppure sento in me una strana apatia, inspiegabile, non riesco a fare nulla delle abituali cose quotidiane e mi urge, dentro, una voglia di trasgressione, una insana ribellione contro queste costrizioni.
Resto in attesa e non so nemmeno di cosa, visto che la mia vita di sempre non è, comunque, cambiata rispetto a prima.
Rifletto su ciò che il futuro ci riserva: cambieremo molte, o solo alcune, delle nostre abitudini o torneremo alle vecchie abitudini peggiorandole? Avremo imparato qualcosa da questa esperienza?Dovremo forse fare i conti anche con un peggioramento delle nostre condizioni sociali causate da una crisi economica o ci sarà una ripresa impensata?

Aspetto, indecisa fra la voglia di uscire e mettermi a urlare come un coyote contro la luna o continuare a vagare di stanza in stanza assaporando il silenzio e combattendo contro la voglia di infilarmi sotto le coperte chiedendo un abbraccio al piumone.