Dopo colazione, come ogni mattina sono andata nell’orto.
Ho raccolto i frutti maturi, estirpato le erbacce e non ho dovuto annaffiare perché ci aveva pensato la pioggia.
Poi sono andata a zappare le erbacce che sono cresciute, rigogliose e invadenti, in mezzo alle fragole.
E’ straordinario vedere che bastano poche gocce di pioggia per farle crescere, le erbacce, in modo così celere.
Mentre zappavo, sono stata circondata da mosche, moschini, zanzare, pappataci e non so bene quant’altro.
Sembrava che sulla mia fronte si fosse accesa un’insegna “Distributore di sangue fresco”, nonostante il repellente con cui mi ero cosparsa ogni parte scoperta, dopo un po’ ho rinunciato e sono rientrata in casa a lavarmi e a cospargermi di unguento “dopo puntura”.
E’ possibile che gli insetti si siano abituati ai repellenti e li considerino un condimento per rendere migliore il loro pasto? A me sembrava che si chiamassero l’un l’altro dicendosi: “Venite qui, questa qui è proprio buona, dolce, saporita…”
La prossima volta berrò della grappa, prima di andare a zappare, magari li ubriaco tutti e li vedrò ballonzolare ebeti in giro e cadere giù rimbecilliti.
Quando c’era Federico non cresceva un filo d’erba nell’orto e anche il prato era sempre tagliato di fresco.
Dove l’anno scorso c’erano i pomidoro (70 piante) c’è cresciuta tanta di quell’erba, quella che viene chiamata “erba legno”, ed è veramente alta. Dovrò estirparla a mano, o vangarla, per togliermela di torno.
In compenso, fra l’erba, ho notato che sono cresciuti anche parecchi fiori, da semi forse portati dagli uccelli o dal vento. C’erano piantine di tagete, che ho tolto e trapiantato in una grande ciotola, poi le speronelle azzurre, rosa e bianche, di queste raccoglierò i semi per l’anno venturo.
C’è anche un grande papavero ornamentale (da oppio) cresciuto vicino alla salvia.
Anche di questo raccoglierò i semi, per coltivarlo l’anno venturo: ha un colore così brillante e bello che allarga il cuore solo a guardalo.