Obiettivo mondo

Il mare di notte

Il mare di notte
olio su cartone telato
mie opere

Ieri sera, dopo aver visto il film su Nada, sono capitata su un documentario già iniziato e che ho smesso di guardare prima che finisse.

Un documentario fatto negli USA, con tutti i difetti che spesso gli statunitensi ficcano nei loro filmati, come i colossal nei quali usano migliaia di persone ma non danno alcuna attenzione ai costumi.

Comunque, il documentario verteva sui disastri ambientali presenti e futuri, con dovizia di particolari e proposte per impedire che il nostro pianeta si trasformi in un inferno dantesco.
Ho chiuso e me ne sono andata a dormire dopo la seconda proposta fatta per impedire il surriscaldamento del pianeta.

La prima proposta era che si costruisse una pompa adatta a fare in modo che l’acqua superficiale, calda, degli oceani, venisse spinta verso il basso in modo da far risalire in superficie quella fredda.

Naturalmente nessuno si è preso la briga di chiedersi e di spiegare quali sarebbero state le conseguenze sulla flora e sulla fauna degli oceani, soprattutto per quanto riguarda i fondali e quali le conseguenze sul resto del pianeta.
Mari e oceani li abbiamo già fatti diventare una cloaca, perché mai qualcuno dovrebbe preoccuparsi delle conseguenze di un ulteriore danno?

La seconda proposta è di costruire un “tubo” alto venticinque (25) chilometri, tra terra e cielo, per immettere nell’atmosfera delle particelle che riflettano la luce del sole e impedirle di surriscaldare la terra. A spiegazione di questa bella pensata, il fatto che le emissioni dei vulcani nell’atmosfera riescono a oscurare il cielo al punto tale da raffreddare la terra.
A mio avviso: demenziale.
Ma io non sono uno scienziato, magari non riesco a vederne l’utilità anche se riesco a immaginarne i danni, visti quelli provocati dall’eruzione dell’Eyjafjöll del 2010.

Di riflessioni in testa me ne sono venute parecchie.
Come quando sento parlare di manipolazione genetica.
Intendiamoci, io non sono contraria alla scienza. Se penso a come venivano curate le persone trecento anni fa, mi vengono i brividi, la medicina attuale è sicuramente meglio.
Quando penso alle cure psichiatriche applicate, non solo nell’ottocento, mi chiedo però chi fossero i matti: i pazienti o i medici?

Penso alle storture che il progresso a volte porta con sé, come il passaggio della produzione di energia dalle centrali idroelettriche a quelle termoelettriche e nucleari per poi tornare, oggi, alle centraline, minuscole ma devastanti, sui piccoli fiumi.

La mia impressione è che con quello che chiamiamo progresso, a volte si sia perso di vista il buon senso, che si ricordi poco la storia del passato e, insieme a molti errori attuali, se ne rifacciano anche molti di quelli vecchi.

Cosa racconterò

È stato inevitabile, in questi giorni in cui alcuni nubifragi hanno messo a dura prova anche noi, qui, al paesello, pensare ai cambiamenti del clima e ritornare indietro con la memoria a quando ero più giovane.

Una foto del Cervino, vista sul blog di Claudio
https://clamarcap.com/

confrontata con un’altra foto di cinquant’anni prima in cui il Cervino era splendente di ghiacci e neve mentre ora, in quello stesso periodo dell’anno, è solo una grande piramide grigia e spoglia, mi ha fatto ricordare di che cosa discutevamo noi giovani, allora, inascoltati dagli adulti che consideravano i nostri discorsi “una nuova moda”, anche se di cambiamenti climatici se ne parlava già dalla metà dell’ottocento.
Poi diventammo adulti anche noi e smettemmo di discutere, perché quando si diventa adulti c’è altro a cui pensare e i sogni e le utopie tornano nei cassetti che restano ben chiusi e si dimenticano gli slanci della gioventù: c’è da pensare al pane per la famiglia e non sempre si ha la possibilità, e il tempo, di scremare, di andare per il sottile.

Questa l’ho scritta esattamente cinquant’anni fa.

Cosa racconterò, fra quarant’anni,
ai figli di mia figlia?
Cosa racconterò?
Racconterò dei pettirossi,
nel giardino davanti a casa mia,
delle rose, dei passeri e del gatto
che, alla sera, mi faceva compagnia.
Come racconterò di grilli e di cicale
a loro, che le vedranno nei musei?
Racconterò di tanti secoli fa,
quando il sole non era ancora scuro
ed io portavo l’acqua del ruscello
alle rose bianche, arrampicate al muro.
Diranno: “È vero?
Nonna, dì, o è una fiaba?”
È una favola, sì, favola vera,
di un mondo tanto grande, tanto eterno, 
con piante che morivano in autunno
per rifiorire più belle a primavera.
C’erano uccelli, pesci, fiori colorati,
profumi, odori, palpiti di vita.
Quanto è bastato, quanto c’è voluto,
perché ci fosse un mondo di cose asessuate?
Un mondo enorme, a palla di biliardo,
dove impera la vita minerale,
un mondo condannato, già distrutto,
da una vorace guerra industriale.
In quanti modi ci stiamo distruggendo
noi, della generazione del progresso?

Io non avrò mai figli, mai nipoti,
cui raccontare la mia fiaba vera
quando, nel giardino davanti a casa mia,
fiorivano le rose a primavera.

Io non avrò mai figli, mai nipoti,
che chiedano il mistero della vita, a noi,
che stiamo distruggendo il mondo,
senza pensare al poi.

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beccofrusone
tecnica mista
mie opere

Terra e umanità

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bio-gnosi
mie opere
tecnica mista su carta

 

Se potessimo paragonare la vita della terra dalla sua formazione, a una giornata di ventiquattr’ore, dovremmo dire che l’essere umano vi è comparso negli ultimi minuti…e, in questo breve periodo, di casini e disastri è riuscito a farne tanti davvero: ci si è messo proprio d’impegno!

P.S. La mia opera, non è astratta, ma la rappresentazione ingrandita di un pezzettino microscopico di polmone ammalato.

La fine

 

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mie foto

Eccomi qui.
Ho trovato il luogo, credo proprio che qui potremo vivere in pace.

Sono stato scelto dal mio gruppo e inviato in avanscoperta.
Dobbiamo spostarci dal luogo dove siamo nati, ora siamo in troppi, abbiamo bisogno di altri spazi e di cibo.
Mi sono spostato solo di notte, nascondendomi di giorno per non essere catturato e ucciso.
Ho scalato alture, ho superato asperità, mi sono arrampicato per luoghi impervi, ho strisciato e corso, ho memorizzato la strada perché tornerò indietro per mostrare agli altri la via.
Sì, questo è il luogo che fa per noi, comodo, pulito, riparato e ho scoperto che c’è abbondanza di cibo. Qui potremo crescere e moltiplicarci, qui saremo felici.

Improvvisamente una luce accecante: sono stato scoperto.
Mi hanno colpito.
Sono ferito, sto perdendo i visceri.
Devo fingermi morto.
Si sta avvicinando a me, devo fuggire, mi muovo in fretta, ma l’altro mi ha catturato e mi scaraventa in una cascata d’acqua.
Morirò annegato.

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Immagine presa dal web

 

I cambiamenti climatici di questi ultimi anni, il teleriscaldamento di alcune città, l’incuria e i rifiuti che spesso vengono lasciati a terra, hanno fatto sì che gli insetti si moltiplicassero a dismisura e dobbiamo fare i conti anche con gli insetti non proprio autoctoni che ci sono capitati qui favoriti dai trasporti intercontinentali sempre più veloci.
Questa storiella che ho raccontato qui sopra, mi è venuta in mente ieri sera, quando, nell’entrare in camera da letto, ho scoperto uno scarafaggio nel mezzo della stanza. Mi è capitato ancora, in questi ultimi anni, di averne trovato qualcuno in cantina, soprattutto dopo le piogge e, d’estate, se si fa una passeggiata dopo cena, di scarafaggi se ne incontrano parecchi, usciti dai tombini, mentre corrono sull’asfalto in cerca di cibo.
Mi è stato raccontato che nella nostra città capoluogo di provincia, di notte, in alcune zone, i marciapiedi sono neri da quanti ce ne sono e la gente deve scoparli fuori dai vialetti di accesso per impedire che entrino nelle case.

Appartengono alla famiglia dei coleotteri, perciò basterebbe spruzzarli con acqua saponata per sciogliere la patina cerosa delle loro elitre e la disidratazione che ne deriva li uccide.
Se si calpestano, non è detto che muoiano.
Ovvio che cerchino il cibo e le nostre case ne sono piene.
Camminano sui muri, superano qualsiasi asperità, sono veloci e determinati. si riproducono molto più di noi e in tempi molto, ma molto più brevi.
Non amano gli odori forti come quelli dell’alloro, dell’aglio, aceto, sapone, sale, danno loro fastidio.
Sono attenti e furbi: escono solo di notte e si nascondono in tutte le zone buie e umide.
Qualcuno asserisce che saranno il nostro cibo nel futuro.
Un futuro nel quale io, per fortuna, non ci sarò più.